Le persone sono sempre più connesse e molte relazioni passano dal mondo digitale, anche quando si vuole acquistare un servizio o un bene di uso quotidiano.
Il mondo charity se ne è accorto e anche quella che per molti è ancora ‘beneficienza’ sta affrontando questa rivoluzione. Negli ultimi anni si sono fatti enormi passi in avanti tanto che oggi, finalmente, anche nel nostro Paese si parla di fundraising e si applicano le tecniche professionali messe a punto nel mondo anglosassone. In Italia, come per la maggior parte delle novità, il processo non è stato velocissimo, anche se il padre del moderno fundrasing, Hanry Rosso, porta un cognome dalle chiare origini di casa nostra; non lo è soprattutto sul versante interno delle organizzazioni che affollano il variegato mondo del non profit.
In questo contesto di media crescita a proposito delle competenze del fundraising, lo scarto è ancora più grande se pensiamo al mondo e alla rivoluzione digital che inevitabilmente ha cambiato anche il mercato delle donazioni. Da una recente indagine condotta da Duepuntozero Doxa in collaborazione con PayPal e Rete del Dono, nel 2016 l’83% degli internauti si è dichiarato donatore, ha effettuato una donazione media di 90 euro/anno. Il contante la fa ancora da padrone, seguito da sms e, al terzo posto, compaiono gli strumenti digital, dal bonifico online all’utilizzo di carte di credito e PayPal. Tra chi ha effettuato una donazione online, il 31% ha utilizzato un dispositivo mobile, segno che, dai tempi del caro buon vecchio bollettino postale, le cose stanno cambiando, e anche in fretta.
E le organizzazioni non profit sono pronte? Hanno iniziato anche loro un processo di trasformazione digitale? La fotografia fatta al Fundrasing Day di Forlì – dedicato proprio al Digital Fundraising – è di difficile interpretazione. Quello che è certo è che chi è riuscito ad introdurre strumenti e cultura digitale è stato in grado di imporsi maggiormente nel mercato delle donazioni. Gli esempi sono diversi ma qui basta citare la crescita esponenziale delle donazioni ottenute da Charity Water o il grande impatto scaturito dalla collaborazione fra UNHCR e Google in tema di visual storytelling a proposito del conflitto siriano: grazie a Big G l’UNHCR ha raccontato la devastazione della guerra mostrando le foto satellitari delle città prima e dopo il conflitto, legandole poi alle storie della popolazione colpita.
Come ci ha raccontato Jason Potts Direttore Think Digital comparando il modello italiano a quello anglosassone emerge chiaramente, poi, che la trasformazione digitale di ONG o di una Organizzazione Non Profit deve porre l’accento sul ‘come’ essa viene condotta piuttosto che sul ‘cosa’ si mette in campo per attuarla. Di sicuro l’approccio digital non trasforma il charity fundraising, ma è chiaro che la politica degli investimenti dovrà cambiare, spostando almeno il 40% del budget proprio in questa dimensione.
Ma come sono fatte le organizzazioni che si fondano sul digitale?
- Mettono lo user al centro;
- Adottano un modello collaborativo al loro interno, lavorano per team;
- Sono ‘composte’ di web oltre che essere semplicemente sul web;
- Sono trasparenti ed innovative;
- Basano la loro attività sull’analisi dei dati;
- Sono inclusive, agili e flessibili;
- Promuovono una leadership forte, lavorano per team dedicati a tutti i livelli aziendali;
- Incoraggiano il dialogo, sia dentro che fuori e, infine
- Selezionano strumenti precisi e dedicati, adottando un approccio ‘platform thinking’
Come per molti altri settori, emergerà sicuramente una via italiana alla digitalizzazione del non profit e del fundraising, quello che è certo è che non c’è più tempo da perdere, pena l’estinzione.
Koinè ha accettato la sfida del digitale. I pagamenti tramite paypal vengono da tempo utilizzati per le donazioni e sempre più vogliamo integrare i social e il web nella nostra strategia (da alcuni mesi è attiva la pagina su Linkedin ad esempio e altre novità sono in programma dal 2018).
Da settembre 2017 il sito della cooperativa, completamente riprogettato, è pensato espressamente per il mobile e mette al centro l’utente.
Inglobare il digitale nelle proprie strategie è un percorso impegnativo e di lungo respiro, ma è necessario per essere ‘capaci di futuro’ come indica la Vision di Koinè.