La cura è il nuovo tema scelto per la ripartenza di questo nuovo anno educativo, dopo aver raccontato cosa è per noi la lentezza e dopo la cura delle Emozioni e lo Stupore all’aperto.
PRIMA INFANZIA
l’angolo morbido
“lo sviluppo del bambino è un processo complesso. Alcuni dei suoi aspetti motorio, conoscitivo, motivazionale.. sono in correlazione tra loro, si influenzano reciprocamente e sono condizionati dall’ambiente dove esso si svolge” (Emmi Pikler)
Partendo dalla consapevolezza della competenza innata di ciascun bambino, Pikler ha posto grande attenzione al tema dello sviluppo motorio: il movimento è per il bambino molto più che un piacere funzionale, è lo strumento e il mezzo di espressione del suo orientamento nell’ambiente, dei suoi atti intelligenti, dei suoi comportamenti sociali e dei suoi sentimenti. Il movimento libero, basato sull’attività autonoma, favorisce nel bambino la scoperta delle sue capacità, l’apprendimento diretto a partire dalle scoperte compiute, la costruzione della propria immagine corporea. All’adulto spetta il compito di offrire al bambino un ambiente protetto e le condizioni per la motricità libera e per l’iniziativa autonoma.
Per conquistare ogni abilità, è necessario avere il tempo di esercitarsi. È soltanto da terra che il bambino potrà imparare ad alzarsi senza passare da un supporto all’altro.
Un bambino coricato sulla schiena ha la massima libertà possibile di movimento, non teme cadute, la sua superficie corporea appoggia su una base affidabile, pertanto non vive l’angoscia legata alla mancanza di stabilità: ciò gli permette di muoversi con agio e di sperimentare il suo corpo e il mondo in cui vive.
Le fasi che il bambino attraversa spontaneamente nel suo sviluppo sono:
- voltarsi sulla pancia
- rivoltarsi sulla schiena
- strisciare
- avanzare carponi
- sedersi
- mettersi in ginocchio
- alzarsi in piedi
- spostarsi lateralmente sostenendosi
- camminare senza il sostegno delle mani
Come allestire l’angolo morbido
In un angolo della casa che può essere la sala o la sua cameretta, posate a terra un tappeto con uno spessore di qualche centimetro; no, quindi, a tappeti troppo morbidi, che oppongono molta resistenza ai movimenti del bambino, ma comunque comodo e morbido. Deve essere sufficientemente grande da permettere al bambino un certo raggio d’azione. Accanto al tappeto, se possibile, montate uno specchio orizzontale in cui il vostro bambino possa specchiarsi; uno scaffale con ripiani ampi, non più alto del bambino, che gli permette di vedere gli oggetti e una volta che sarà in grado di prenderseli potrà gestirli in autonomia. E non deve mancare una cesta con dei libri da proporre al bambino.
I sali da bagno
Ci dev’essere qualcosa di stranamente sacro nel sale. Lo ritroviamo nelle nostre lacrime e nel mare – Khalil Gibran
Tempo permettendo, concedersi una pausa riempendo la vasca di acqua calda è una piacevole coccola per adulti e bambini, soprattutto se a tenere compagnia sono i profumi dei Sali pronti a rilassare il corpo e liberare la mente. Per produrre i sali da bagno profumati servono pochi ingredienti. La presenza di sale marino nell’acqua che usiamo per lavarci è preziosa, perché fa sì che vengono sottratti meno sali al corpo.
OCCORRENTE:
- 100 g di sale grosso
- da 1 a 2 cucchiai di colore giallo ricavato dai tageti
- 5 gocce di essenza di limone (facoltativo)
- Da 1 a 2 cucchiai di fiori di tagete essiccati
Iniziate a preparare il colore giallo tagete: fate cuocere una tazza di petali di tagete in una tazza d’acqua, portandola a ebollizione, per poi continuare la cottura a bassa temperatura per circa 15 minuti, mescolando frequentemente. Filtrate il liquido, usando un colino per il tè, all’interno di un barattolo (se chiuso bene, il liquido si conserva in frigorifero per diverse settimane).
Ora potete procedere con il produrre i Sali da bagno: mescolate il sale grosso con “l’inchiostro” dei tageti e lasciate asciugare il tutto in una ciotola scoperta, mescolando ogni tanto. Occorrerà all’incirca un giorno intero. Unite le 5 gocce di essenza di limone e i fiori secchi, chiudete il tutto in un bel vaso a chiusura ermetica ed è fatta! I vostri sali profumati sono pronti per un bagno rilassante.
BENEFICI: I Sali da bagno hanno la capacità di riattivare la circolazione sanguigna, rilassare i muscoli, depurare la pelle da scorie tossiche, oltre a quello di offrire al corpo un effetto di relax eliminando le tensioni accumulate durante la giornata.
Il gioco con la crema
“Quello che c’è di più profondo nell’essere umano è la pelle” – Paul Valéry
La pelle è la parte più estesa e sensibile del nostro corpo; attraverso la pelle e il senso del tatto stabiliamo le relazioni con il mondo esterno. Il massaggio, inteso come manipolazione del corpo del bambino, permette alle mamme di rafforzare il legame con i bambini e di cercare un modo di comunicare molto profondo. Per il bambino è un momento di coccole, ma anche di conoscenza del proprio corpo: toccando e massaggiando le varie parti del suo corpo gli offriamo stimolazioni sensoriali che lo aiutano a scoprire quelle parti di sé fino ad ora ignorate.
Un bel gioco da proporre magari dopo il bagno o prima di andare a nanna.
OCCORRENTE
· Uno spazio tranquillo e morbido
· Un barattolo di crema emolliente
· Musica
· Uno specchio, se possibile all’altezza del corpo del bambino
Create un’atmosfera tranquilla e rilassata, predisponendo un angolo “morbido” (un tappeto o un asciugamano messo a terra, circondato da cuscini) e magari accendendo della musica rilassante in sottofondo.
Con i bambini più piccoli: assicuratevi di assumere una posizione comoda e avere una temperatura adeguata, sia dell’ambiente sia delle mani. Svestite il bambino lasciandolo in body. Iniziate a spalmare un po’ di crema sulle vostre mani, lasciando che il bambino osservi i vostri gesti; man mano che i bambini prendono confidenza, provate a spalmare un po’ di crema ad esempio sulle sue gambe. Invitate il bambino a provare a spalmare la crema su di sé o su di voi. È importante osservare le espressioni del bambino, cercando di cogliere i segnali che l’esperienza che state vivendo sia piacevole.
Con i bambini più grandi: sempre nell’angolo morbido, potete dare al bambino un barattolo di crema (di quelli con il tappo a vite, non un tubetto!) in modo che il bambino possa gestirla in autonomia; se non avete a disposizione un barattolino, potete mettere un po’ di crema fluida in una scodellina. Lasciate il vostro bambino provare a spalmarsi e spalmarvi la crema.
BENEFICI
· Favorisce nel bambino la conoscenza delle varie parti del corpo e lo aiuta a costruirsi un’immagine di sé
· Aiuta il bambino a scaricare e dare sollievo alle tensioni provocate da situazioni nuove e o piccoli malesseri
· Favorisce l’instaurarsi di un legame di attaccamento più profondo tra la coppia adulto-bambino
Il gioco simbolico – le bambole
“La bambola nella vetrina di un negozio di giocattoli non è ancora un giocattolo e non lo diverrà mai, se non tra le braccia di un bambino” – Friedrich Georg Jünger
Il “Gioco simbolico” crea un terreno d’incontro tra realtà e finzione, in cui noi e i bambini possiamo intraprendere dei ruoli, mettere in atto scene di vita quotidiana riviste ed elaborate attraverso le “lenti” della nostra percezione personale e della nostra fantasia. Certo, bisogna riuscire a mettere da parte l’imbarazzo che proviamo a volte noi “grandi” a calarci nei panni che i bimbi ci chiedono di vestire!
I bambini crescono e imparano le competenze che saranno utili nella vita osservando il mondo attorno a loro, in particolare imitando le azioni e i comportamenti a cui gli adulti dedicano maggior cura. È, quindi, importante e naturale che un bambino, maschio o femmina che sia, voglia giocare con le bambole, prendersene cura, vestirle e cucinare: attraverso questa azione elabora e prende maggior consapevolezza di ciò che in modo amorevole viene dato a lui. Giocare con le bambole non è una prerogativa di genere: anche i bambini maschi hanno piacere a giocare con le bambole! Questo li aiuterà ad diventare, ad esempio, dei bravi fratelli e successivamente dei bravi padri.
CONSIGLI PRATICI
Una bambola in cui il bambino possa rispecchiarsi gli consente di mettere a fuoco la rabbia, la gioia, la paura, la frustrazione, la gelosia. Permette al bambino di “sfogare” queste emozioni sulla bambola, ma soprattutto di rivedere in lei stessa, nella sua espressione, le stesse cose che prova lui. Per questo motivo sarebbe importante scegliere bambole che abbiano un’espressione “neutra”, non sorrisi o bronci molto accentuati.
A volte pensiamo che a qualche bambino le bambole non interessino; probabilmente, questo può dipendere da un contesto poco adatto in cui è presentata la bambola, oppure dalle nostre aspettative… Ci sono bambini, ad esempio, che usano le bambole come “spettatrici” dei loro giochi: questo non significa che non siano per loro importanti, perché essere guardati, per i bambini, è fondamentale… ben venga se, per qualche tempo, lo possono fare le bambole al posto vostro!
Un altro consiglio importante è questo: trattate sempre le bambole con delicatezza, perché i bambini ci guardano. Non lanciatele, non trasportatele per i capelli, rivolgetevi con delicatezza quando fingete di parlare con loro, non tenetele per la testa.
A COSA SERVE
Dal punto di vista cognitivo, giocare con le bambole è fonte di stimoli infiniti! Molti bambini quando giocano con le bambole amano fantasticare e creare delle vere e proprie trame. Grazie alle storie create con le bambole i bambini ampliano il loro vocabolario e la capacità di prendere l’iniziativa. I bambini amano usare le bambole per divertirsi ma sulla base di quelle che sono le vicende reali; molti bambini, ad esempio, le utilizzano per affrontare al meglio una lite! Molti mettono in scena delle vere e proprie discussioni, sperimentando anche le reazioni delle bambole e quindi, in modo simbolico, quelle delle persone reali.
Per i bambini molto piccoli la bambola, o il pupazzo o talvolta persino un lembo di lenzuolo, sono un “amico” che si può portare sempre con sé e che fanno compagnia anche quando la mamma o il papà non sono lì a rassicurare e rasserenare. La bambola rappresenta un legame forte e molto reale che permette al bambino di essere traghettato attraverso le paure, le fatiche e le prove quotidiane. È molto più di un semplice oggetto: è capace di tranquillizzare, incoraggiare, coccolare ma allo stesso tempo rappresenta anche “la persona” su cui scaricare la rabbia e l’aggressività, senza il timore di fare male o di farsi male.
Dai 12-15 mesi di età i bambini iniziano ad apprezzare, gradualmente, il gioco simbolico, ovvero un gioco di finzione: giocare a ‘fare finta di’. La caratteristica di questo gioco è che gli oggetti vengono utilizzati per rappresentare non se stessi, ma qualcos’altro: tipico ad esempio usare il manico di una scopa per fare un cavallo.
Benefici:
- ·potenzia la creatività del bambino, che impara ad utilizzare gli oggetti in modi più innovativi; · potenzia l’autostima del bambino, perché la drammatizzazione di una storia gli permette di interpretare ruoli differenti ed esorcizzare le sue paure o debolezze (per esempio può esorcizzare la rabbia interpretando il personaggio cattivo, o esorcizzare la paura interpretando colui che salva la situazione);
- potenzia le relazioni, perché permette una maggiore socializzazione tra bambini, ognuno dei quali impara a gestire il proprio ruolo, a partecipare in gruppo, a relazionarsi con gli altri… condizione essenziale perché il gioco possa funzionare.
Come organizzare il gioco simbolico
Il nostro compito è predisporre l’ambiente e poi lasciare che i bambini lo vivano con estrema creatività. Potete organizzare, in un angolo della casa, una cucina giocattolo con i suoi accessori, un baule dei travestimenti con uno specchio ad altezza bambino, una scatola con marionette e un teatrino di cartone, uno spazio dedicato alle bambole…
Potete prendere spunto dal Metodo Montessori, prediligendo materiali naturali come il legno, predisponendo l’ambiente in modo che tutti i giochi siano ad altezza bambino, in modo che lui possa prenderli ma anche riordinarli dopo aver giocato. Ogni cosa deve avere un suo posto su uno scaffale o in un cesto. Non serve acquistare chissà quanti materiali! Potete iniziare prendendo spunto da attività di vita pratica, in cui bastano oggetti di uso comune già presenti nella nostra casa. Nel tempo, potrete scegliere insieme ai bambini qual è il gioco simbolico che preferiscono e allestirlo con loro.
BENEFICI
· Giocando a far finta i bambini esercitano la propria immaginazione e creatività, sviluppano autoconsapevolezza, imparano a riconoscere le emozioni proprie e altrui, esercitano abilità cognitive e relazionali, sviluppano le prime forme di pensiero astratto, arricchiscono il proprio lessico.
· Giocare a “essere un altro” può inoltre aiutare il bambino a comprendere un punto di vista diverso dal proprio e può costituire un’ottima occasione di osservazione per l’adulto, perché, attraverso la finzione, il bambino racconta sé stesso e il mondo dei grandi che lo circonda.
La cura come accoglienza di bambini e adulti, insieme
Da qualche giorno abbiamo riaperto i nidi! Abbiamo accolto le famiglie, vecchie e nuove, cercando di avere cura, innanzitutto, delle relazioni. Abbiamo messo grande attenzione e cura nell’allestimento degli spazi, che devono garantire un adeguato distanziamento e, contemporaneamente, supportare lo scambio e l’incontro in sicurezza: dalla zona dedicata al triage in ingresso, alla disposizione degli armadietti dei bambini, all’allestimento degli angoli di gioco, ci siamo fatte guidare da questo pensiero di tutela di tutti, bambini e adulti.
I bambini, con molta naturalezza, in pochissimo tempo hanno preso le abitudini e i ritmi della giornata, hanno incontrato o ritrovato gli altri bambini e le educatrici (che, pur indossando sempre la mascherina, sono riuscite a costruire o recuperare il rapporto con i piccoli, iniziando ad imparare ad esprimere il loro pensiero e le loro emozioni utilizzando la mimica di tutto il corpo). Le mamme e i papà sono stati di grandissimo supporto sia per i loro bambini sia per il personale, accompagnando i loro figli nell’esplorazione di questo “nuovo” modo di stare insieme.
Dopo questi primi giorni, insomma, possiamo proprio dire che abbiamo aperto i nidi pensando a come accogliere e prenderci cura di adulti e bambini e ci siamo ritrovate ad essere, a nostra volta, accolte e supportate, con delicatezza e attenzione.
L’ambientamento, un momento prezioso
RIFLESSIONI
Le città e le comunità solidali
la cura delle emozioni
Fa male la gola? ci curiamo! Prendiamo una storta? ci curiamo! E quando a star male non è un organo ma è la nostra mente? Quando la sofferenza ci blocca, i pensieri non ci lasciano soli. Cosa facciamo?
E’ importante che la cura di noi passi anche dalla cura delle nostre emozioni, del nostro pensiero. In quel momento l’offerta dell’ascolto di uno psicologo diventa l’occasione per ritrovare il benessere.
Il centro Astrolabio offre colloqui gratuiti condotti da membri della sua equipe per aiutare i cittadini che non hanno ancora avuto la possibilità di chiedere e che ora possono farlo.
La cura e l’attesa
Questi temi, a me, sembrano uniti da una linea comune, un filo conduttore importante: una cura necessita del giusto tempo per avere i suoi effetti benefici, facile, ora, pensare a un aspetto medico, l’associazione è immediata e assai pertinente.Una frattura necessita di un certo periodo per potersi ricomporre, ma, nel frattempo, come sta un individuo che non si può muovere, che non può mantenere le proprie relazioni sociali, che si ferma per forza? Cosa ha fatto quello stesso soggetto per rompersi una gamba, forse l’evento scatenante è esclusivamente dovuto al caso o alla sfortuna, oppure non si è preso cura di sè stesso?
Ecco un altro concetto strettamente connesso a quello della cura: la prevenzione, la capacità di imparare a prendersi cura, di sè stessi e degli altri, per evitare il manifestarsi di un problema.Troppo spesso, siamo abituati a pensare alle cure come a una serie di azioni necessarie per mettere a posto qualcosa che non funziona, uno stato di sofferenza, una patologia. In realtà, avere cura della propria vita e di quella delle persone che entrano a far parte della propria sfera relazionale e sociale più allargata comprende, o dovrebbe comprendere, una serie di comportamenti molto ampi, che abbracciano il senso di comunità.Prevenire come assunzione di responsabilità, come atto di condivisione verso una socialità allargata, come una serie di agiti che prendono inizio dal benessere personale per arrivare a quello sociale, di tutti, e viceversa.Andare in auto responsabilmente significa evitare un incidente, non far male a sè stessi, non fare male agli altri, evitare situazioni di traffico pericolose, costi per i soccorsi e per le cure necessarie a riabilitare uno stato di sofferenza. Prendersi cura di sé e degli altri significa prevenire, stare bene insieme, avere cura in senso lato.Detto questo cosa significa “avere cura” quando si lavora con i giovani e, in particolare, con gli adolescenti? Non lo so, è troppo vasto lo spazio nel quale ci si muove per semplificare evitando di cadere nella banalizzazione. Forse prendersi cura significa tutto: evitare di vivere la vita come se non ci fosse un domani, non accentuare gli atteggiamenti di sfida al mondo degli adulti pensando di mostrare una maggior autonomia o indipendenza, sforzarsi di costruire un progetto, un futuro, individuale e comune, resistere alle tentazioni pericolose, imparare a trasgredire un po’ ma non troppo, non mettersi nei guai facilmente, come se fosse una delle varie attività quotidiane.Aver cura per non mettere in pericolo sè stessi, gli altri, per non finire nelle maglie della giustizia, per non avere relazioni costanti e pericolose, con personaggi che del non rispetto delle regole, del non avere cura, fanno il loro stile di vita. Prendersi cura impone, la difficile abitudine, del saper apprezzare la fatica, in quanto ogni cosa bella, ogni progetto importante da percorrere, con un obiettivo da raggiungere, richiedono la conoscenza e il rispetto della fatica e di imparare, con calma e attraverso gli errori, a dare un ruolo e un senso alla rinuncia, anche momentanea. Tutto questo, fino ad ora, sembra un lungo suggerimento, una riflessione scontata e troppo facile da applicare, ma non vorremmo fosse così, perché aver cura, per ristabilire uno stato di benessere o per prevenire uno stato di malessere, mette tutti noi, giovani e adulti, in uno spazio di transizione dove il nichilismo del tutto e subito, la difficoltà a sopportare l’assenza del piacere costante, l’impegno nel portare a compimento un lungo cammino, lasciano spazio alle debolezze, alla frustrazione a un’assenza di significati che rifiutiamo ancor prima di averli compresi.Riflettere, pensare, riconoscere le nostre debolezze di fronte alla fatica, alla delusione, al fallimento, per provare a raccogliere i cocci, rimetterli insieme, accogliere l’aiuto degli altri evitando di scegliere scappatoie troppo brevi per essere vere, sono tutte azioni alla cui base si pone il fatto di collocarsi nell’incertezza, per curare le nostre fragilità, certi del fatto che transitare nella via della ricerca ci rende persone capaci di attendere per prenderci cura.(Flavio Barattieri – coord. Minori e famiglia Koinè)
Percorsi di cura per il rientro
Siamo come alberi che si trovano ad affrontare la prova dell’autunno. Cosa tenere? cosa lasciare andare? In equilibrio con il dentro ed il fuori, nella scelta di ridefinirsi e crescere, lasciando cadere ciò che è servito, ma non serve più. Cos’è la nostra linfa? Cosa scorre nel nostro tronco e nelle nostre foglie?
Reportage di un percorso di accompagnamento al rientro, offerto dalla cooperativa sociale Koinè ai propri soci, per permettere ai lavoratori di tornare al lavoro dopo il lungo periodo di chiusura.
Quando abbiamo pensato a questo percorso avevamo chiara l’utilità di questa offerta: offrire uno spazio di parola ed elaborazione che permettesse ai lavoratori di prendersi cura di se’ stessi, e quindi metterli nella condizione di prendersi cura dell’altro. Ora, giunti alla terza data di questo percorso, ci lasciamo toccare dalle riflessioni che sono emerse e che ci guidano nella lettura di questo particolare ed inedito momento.
Paura? timore? fatica? isolamento? sì, abbiamo parlato anche di questo. Ma non solo!
La crisi che ha colpito il mondo lavorativo, in special modo educativo, ha scosso le sicurezze che avevamo costruito negli anni e ci ha costretti a ripartire, a rifondare il lavoro di ognuno, a ripensarlo per rispondere da un lato alla richiesta di tutela della salute, dall’altro dalla voglia di difendere l’importanza della socializzazione, della crescita e della condivisione che contraddistinguono il nostro lavoro.“Siamo divisi tra chi ha cominciato ed ha sperimentato la possibilità di lavorare puntando alla creatività e chi ha ancora paura..”. Si perché la crisi che ha bloccato tutto e tutti ora lascia spazio ad una sorpresa: la sorpresa del nostro desiderio di lavorare, di stare in relazione e lavorare con la relazione, la sorpresa della bellezza ed efficacia del fuori (quale importanza dare, dunque, all’ambiente, all’educazione al rispetto del verde e degli animali?) e la sorpresa dell’occasione che ci si apre davanti, di appoggiare le lenti con cui leggevamo il mondo, per guardare ciò che davvero è urgente per i bambini ed i ragazzi.
“ci riconosceranno con le mascherine?” ci chiedevamo mesi fa. Sì, lo fanno e sono in grado di andare oltre la momentanea copertura di ciò che per noi era strumento principale di lavoro: il viso. “sorridiamo con gli occhi, impariamo ad utilizzare la postura ed il tono della voce”, quindi siamo invitati a lavorare di più, a studiare ed osservare ogni nostro movimento. Stiamo imparando realmente ad utilizzare il viso, proprio perché in questo momento ci è vietato mostrarlo. Molte parole prendono posto in questa riflessione comune: responsabilità, consapevolezza, ascolto e interpretazione, cura, fantasia.Quindi, più che modificare le condizioni di lavoro, si apre la scena a che lavoro vogliamo portare avanti, che professionisti vogliamo essere; cosa vorremmo portare stabilmente nella nostra “valigia degli attrezzi” e di cosa vogliamo liberarci, su cosa possiamo cedere e su cosa, invece, vogliamo batterci per rendere l’occasione educativa e formativa piena. Non esistono più le barriere tra settori, ma esistono professionisti che, partendo dalle proprie fragilità, possono scambiarsi idee ed esperienze e ripartire dalla cura per rifondare la loro esperienza. “Si può sempre scegliere: tutto è un’unica cosa. Lo stesso sguardo che dedico alla pianta è quello che dedico al bambino, tutto questo ha un valore. Forse è questo il nostro ruolo: fermare lo sballamento e trasmettere il valore di ogni cosa per non perdere l’umanità” Veronica Galassi, psicoterapeuta e coordinatrice Astrolabio, il benessere a misura di persona