La mappa dell’educatrice nei nostri nidi

Una mappa per..fermarsi, ovvero un percorso di superivisione pedagogica che coinvolge le educatrici dei nidi. Qui il racconto di un’esperienza:

“Proviamo a guardarci”.
Con queste parole, Silvia Mozzi, la nostra referente pedagogica, ha aperto l’equipe di quella sera.
Tema dell’incontro sarebbe stata la “mappa dell’educatrice”, la culturalità individuale che in sé contiene e racconta gli indicatori, le credenze, le pratiche e i valori dell’essere educatrice, oltre a tanto altro..
In una parola: chi siamo.
“Wow!”, qualcuno ha esclamato ( e qualcun altro l’ha sussurrato tra sé e sé sottovoce..).
“Quale arduo compito questa sera ci attende..”.
Il collettivo si è aperto con la lettura della pagina “Dal centro storico, che è la propria vita”, tratta dal libro “Eppure il vento soffia ancora” ( Felice Di Lernia), poche righe che raccontano una verità: si può essere in un luogo e non vederlo, si può essere in uno stato e non vederlo, in una condizione e non vederla, se scegliamo di non guardare/guardarci.
Silvia ci invita ad una riflessione profonda, ci suggerisce di fermare non solo la nostra azione ma anche il pensiero:

“Smettete per un momento di correre e chiudete gli occhi, pensatevi. Cosa vedete? Trovate bellezza? Trovate fragilità? Siete fiere di ciò che state vedendo? Lo raccontereste a qualcuno? Dove si posa il vostro sguardo? Quanta distanza c’è tra voi e i bambini? Tra voi e le famiglie? Cosa raccontate di voi a loro? Cosa mettete in scena?”.

Senza avere la pretesa di domandare e di interpretare, ci posa un foglio, dei colori, pennarelli, tempere, matite, forbici, nastro colorato, spago, scotch e ci chiede di disegnare una mappa: la nostra.
Nella mappa, saranno indicati il “centro storico”, ma anche la periferia: cosa mettiamo al centro ma anche l’importanza di ciò che oggi lasciamo ai margini.
Risultato di un complesso lavoro di mappatura è stato un cartellone sul quale sono state appese tante mappe quante sono le educatrici del nido “Il Trenino” di Novate Milanese.

Ci siamo prese un istante. Si perché anche l’occhio vuole la sua parte e onestamente la bellezza di quel cartellone che offriva un arcobaleno di colori, di disegni variopinti, di frammenti di poesia, di pensieri lasciati come sospesi e la bellezza di uno spazio immaginario..ecco, tutto questo richiedeva davvero di fermarsi.
E guardare. E guardarsi ancora. E scoprire dell’altro, che forse stava per emergere. O forse ancora no.
Senza alcun obbligo, chi lo desiderava poteva raccontare e descrivere la propria mappa.

La mappa, come ci ha suggerito Silvia, ci racconta. E’ uno strumento che ci porta e che si costruisce in itinere, proprio mentre siamo in viaggio.
Il suo contenuto (e dove noi lo posizioniamo..se in centro, se in periferia..) dipende da noi, dalle nostre scelte, dalle relazioni che scegliamo di coltivare, dallo sguardo che poseremo su chi incontriamo, ma anche dalla consapevolezza che abbiamo di quel mondo ancora inesplorato, sfaccettato, inedito, immaginario: anche la carta più dettagliata pullula di invisibili e di un ampio spettro di indeterminato. (E questo ci salva!).
Si, perché la relazione è anche questo, è fatta di materia sconosciuta, inesplorata, nuova, immaginaria, incompleta che, però, nell’incontro con l’altro diviene altro, si trasforma, genera qualcosa che prima non c’era. Nemmeno dentro di noi.
E così, la mia mappa non è quello strumento inappellabile che orienta e in qualche modo vincola i miei movimenti, ma è il mio zaino che si trasforma sempre e si alleggerisce talvolta e si appesantisce talaltra e si fa memoria di un viaggio che mi porta su sentieri talvolta già percorsi, altre volte sconosciuti. E anche quando il sentiero è conosciuto, può stupirci, può regalarci incanto, meraviglia, se solo lo desideriamo.
Dove, in tutto questo, si inserisce il lavoro educativo? E con quale senso?
Pur nella sua incompletezza (e fragilità, intesa come valore!) la mappa, prodotto del nostro peregrinare, ci aiuterà a fare una sosta, nel nostro lungo viaggio personale e professionale (quante volte questi due aspetti si intersecano, sopratutto quando si parla di relazioni e di incontri), a rivederne i contenuti, a comprendere cosa ci orienta, in quale direzione stiamo andando, cosa abbiamo vicino e cosa stiamo cercando o cosa abbiamo trovato in maniera inaspettata.

Ne trarrà beneficio la consapevolezza di ciò che facciamo, della sua comunicabilità, delle sue ragioni con evidente apertura ad altri apporti e sopratutto avremo modo di comprendere meglio le risposte che riceviamo dagli altri: siano essi bambini oppure adulti (anche le mappe delle famiglie sono molto diverse l’una dall’altra!).
Di conseguenza, avremo gli strumenti per poter fare rilanci adeguati in termini di proposte ai bambini, ma anche di comunicazione (quali sono le aspettative dei genitori? E io come mi colloco in questo? Come rispondo? Su quale livello comunicativo scelgo di stare?).
E’ molto interessante il tema affrontato, perché non investe solo l’educatrice ma la persona nella sua complessità, come professionista certo ma anche come soggetto sociale che quotidianamente compie scelte importanti.
Fermarsi e scrivere la propria mappa permette di prendermi cura, così come mi prendo cura dei bambini e delle loro famiglie, che un lontano giorno hanno scelto di intrecciare il loro cammino con il mio, pur non conoscendomi e pur lasciandosi investire da una relazione che ancora oggi non ha una forma definita ma sempre è in divenire: le mappe si incontrano, perché le persone entrano in relazione, e si trasformano!Sento di dire grazie per questa Bellezza che genera infinitamente altra Bellezza e riesce ad incantarmi, se volo con ali più leggere.
Abbiamo scelto, in un secondo momento, di raccontare alle famiglie il lavoro fatto come nido: abbiamo lasciato esposto il cartellone e lo abbiamo raccontato durante la riunione di fine anno.
Forse ci siamo un po’ esposte, si, raccontando i nostri sogni, le nostre risorse, le fragilità come valore, le sfumature che ci caratterizzano, ma adesso sentiamo di poterlo fare, perché anche questa è cura.

“La cura ha sfumature di una tale bellezza che vorrei provare questa sera a mettere in scena..”  testo a cura di Monica Fava

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